In scena al Teatro ITC (S. Lazzaro di S. – BO) dal 13 al 17 dicembre 2023.
Si può fare uno spettacolo di narrazione raccontando una biografia? Come sappiamo sì: ci sono stati ottimi esempi negli anni passati (penso a Olivetti, ad esempio). Ma cosa succede se la biografia è quella dell’attore protagonista dello spettacolo? In questo caso, ammesso che sia interessante la storia, il rischio di cadere nell’autocelebrazione un po’ compiaciuta è dietro l’angolo.
I fautori di questo “Da grande voglio fare l’aggettivo”, Nicola Bonazzi alla scrittura e regia, Andrea Santonastaso in scena, lo sanno benissimo e hanno cercato di evitare di cadere in questo errore, muovendosi come equilibristi sul sottile crinale che divide i due diversi approcci. Aiutati anche dal fatto che qui non si tratta solo di una biografia, ma più di una saga familiare, di gente che con l’arte e lo spettacolo ha avuto a che fare da generazioni, i nostri confezionano uno spettacolo che definire felliniano è fin troppo facile, giacché Amarcord e il lavoro del grande regista riminese sono citati varie volte. Una saga familiare, si diceva, materiale quasi per una serie, potrebbe pensare qualcuno. E in fondo perché no?, se è vero che molto del risultato di un’opera lo fa la scrittura. E lo si vede qui, dove Bonazzi, di nuovo, riesce a trasporre una, anzi molte storie, in una drammaturgia che sembra un romanzo, con la sua tipica delicatezza anche quando si toccano temi più difficili, e con quella costruzione di chi guarda con disincanto e fantasia l’album dei ricordi, appunto di felliniana memoria. Andrea Santonastaso, bravo come sappiamo, regge perfettamente la scena fino alla fine, e talvolta rischia di cedere all’emozione perché – come detto – il protagonista del racconto, in fondo, è lui. Mi è mancato forse quel guizzo, quella piccola genialità che avrebbe fatto guadagnare a questo lavoro (dal mio modesto e inutile punto di vista) il giudizio pieno. È questo uno spettacolo emozionante, perché dietro quella storia familiare, ci siamo, come sempre, un po’ tutti noi.
Carlo Magistretti